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Fermat
TIRI_MANCINI_MAGGIO_2004_N°1_FERMAT.pdf
Fermat: un giurista al servizio della
matematica
Pierre de Fermat nacque il
20 agosto del 1601 nella città di Beaumont-de-Lomagne da una famiglia di
alta borghesia. Il padre era un mercante di pellami, la madre
apparteneva ad una famiglia di illustri giuristi. Studiò diritto a
Tolosa dove, dopo una breve esperienza di avvocato, entrò in
magistratura raggiungendo la carica di consigliere del re.
Fermat svolse il suo magistero in maniera scrupolosa e,
quando le condizioni glielo consentirono, si dimostrò anche piuttosto
clemente. Tuttavia, come scrisse il matematico inglese Kenelm Digby, in
un processo delicatissimo fu costretto a condannare al rogo un prete che
aveva abusato delle sue funzioni. E questo gli procurò un immenso
dolore.
Fermat era considerato uno dei più grandi giureconsulti
del suo tempo e parlava diverse lingue europee, cosa questa che gli
consentì una corrispondenza epistolare con i maggiori matematici suoi
contemporanei. Nei ritagli di tempo libero si dedicava con passione allo
studio della matematica, disciplina che amava intensamente.
Fermat non era un accademico o un matematico di professione, era
soltanto un dilettante; sicuramente era il <<principe
dei dilettanti>> come lo definì lo storico della matematica
Eric Temple Bell. Fermat può essere considerato uno dei
più geniali, originali ed interessanti matematici di tutti i tempi.
Giunse per via geometrica al calcolo dell’integrale della funzione
.
Nell’opera <<De maximis et
minimis>> introdusse per primo il concetto di derivata. Questi
risultati fanno di Fermat uno dei più importanti precursori del calcolo
infinitesimale. Assieme a
Pascal può essere considerato il fondatore della teoria
matematica del calcolo delle probabilità. Prima ancora che
Cartesio, con quale intratteneva una corrispondenza
epistolare di natura matematica, avesse pubblicato la sua
Geometria, aveva
scritto un trattato <<Ad
locos planos et solidos isagoge>> (introduzione ai luoghi piani e
solidi), che contiene i moderni fondamenti della
geometria analitica.
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Nell’opera <<De
maximis et minimis>> introdusse per primo il concetto di
derivata. |
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Questo
nuovo ramo della matematica, che
Fermat espose nella sua opera senza conoscere le idee di
Cartesio, fu elaborato utilizzando metodi sicuramente più moderni ed
accessibili di quelli proposti da Cartesio. Alla base della geometria
analitica di
Fermat sta l’dea che una curva piana può essere rappresentata da
una equazione a due incognite. Scrive nella sua brillante ed originale
opera: <<Quando in una equazione finale compaiono due quantità incognite
si ha un luogo, l’estremità dell’una descrivendo una retta o una curva
piana>>. Con questa affermazione
Fermat intendeva evidenziare la corrispondenza che esiste tra le
due variabili e la curva piana che entrambe sono in grado di descrivere.
Successivamente introduce gli assi cartesiani scrivendo quanto segue: <<Possono
essere opportunamente stabilite le equazioni se si prendono due segmenti
incogniti (le cui misure possono essere indicate con x ed y)
formanti un dato angolo (di norma retto)
ed un estremo (di uno di questi segmenti)
si può determinare non appena è considerato dato l’altro>>.
Con terminologia moderna possiamo dire che una equazione a due incognite
rappresenta una curva piana; in particolare una equazione di primo grado
a due incognite rappresenta una retta, mentre una equazione a due
incognite di secondo grado rappresenta una conica. I contributi di
Fermat alla geometria analitica ed all’analisi infinitesimale non
erano che due aspetti del suo grande interesse per la matematica.
Fermat si distinse per originalità, completezza e rigore logico
nello studio dell‘aritmetica razionale, dove furono notevoli i suoi
contributi. Le opere del matematico greco
Diofanto esercitarono un forte fascino su
Fermat, che può essere considerato il
fondatore della
moderna teoria dei numeri. In particolare si occupò dei numeri
perfetti, dei numeri amicabili, dei numeri figurati, dei quadrati
magici, delle terne pitagoriche, della divisibilità, dei numeri primi.
E’ singolare il fatto che
Fermat non pubblicò le sue ricerche: le esponeva in
lettere private indirizzate ai maggiori matematici dell’epoca con cui
era in corrispondenza o le annotava nei margini dei libri che leggeva.
Si
dilettava a rileggere le opere complete del matematico greco
Diofanto che si occupava di questioni del genere: <<
Trovare due numeri interi x ed y tali che il quadrato di ciascuno di
essi aumentato della somma dei due numeri sia un quadrato.>>. Si
trattava di risolvere nell’insieme N il seguente sistema:
.
Quando
Fermat trovava un’affermazione interessante nelle opere di
Diofanto faceva un’annotazione nel margine del suo libro. Dopo la
morte di
Fermat, suo figlio Samuele ebbe la brillante idea di pubblicare
un’edizione delle opere di
Diofanto con le annotazioni del padre. Una terna
di
numeri interi è pitagorica se verifica l’identità
.
Per esempio
è
una terna pitagorica. Esistono infinite terne pitagoriche ed esistono
anche diverse formule che le generano. Diofanto dimostrò che le terne
pitagoriche possono essere generate dalle seguenti formule:
, ,
con
m ed n numeri interi ed
.
Pitagora e
Platone
avevano trovato:
,
,
che
sono un caso particolare delle formule trovate da
Diofanto.
Fermat è legato ad un celebre teorema noto come l’ultimo
teorema di Fermat o il
grande teorema di Fermat. Esso afferma quanto segue:
<<L’equazione
,
con
,
non ammette soluzioni intere>>.
Su un
margine della sua copia dell’edizione dell‘Arithmetica di Diofanto scrisse di essere riuscito a
trovare una dimostrazione veramente meravigliosa di questo teorema ma si
rammaricava di non poterla trascrivere in quanto il margine del libro
era troppo stretto per contenerla. In margine alla sua copia dell‘Aritmetica
Fermat annotò questa osservazione: <<Cubem autem in
duos cubos, aut quadratoquadratorum in duos quadratoquadratos, et
generaliter nullam in infinitum ultra quadratum potestatem in duos
eiusdem nominis fas est dividere>>. E’ impossibile scrivere un
cubo come somma di due cubi o una quarta potenza come somma di quarte
potenze o, in generale, nessun numero che sia una potenza maggiore di
due può essere scritto come somma di due potenze dello stesso valore.
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Cubem autem in duos cubos,
aut quadratoquadratorum in duos quadratoquadratos, et generaliter nullam
in infinitum ultra quadratum potestatem in duos eiusdem nominis fas est
dividere |
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Era una affermazione
straordinaria, ma che
Fermat riteneva di potere dimostrare. Dopo avere definito la
teoria in questa prima nota al margine, il Principe dei dilettanti
scrisse un commento che avrebbe ossessionato generazioni di matematici.
<<
Cuius rei demostrationem mirabilem sane detexi marginis exiguis non
caperet>>
Dispongo di una
meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere
contenuta nel margine troppo stretto della pagina. La reputazione di
Fermat era tale che questa affermazione fu presa con molta
serietà ed i più grandi matematici che lo seguirono cercarono invano di
dimostrarla. Fermat dimostrò il suo teorema per
(la
sua dimostrazione per andò
perduta). Il teorema fu dimostrato per
da
Legendre, per da
Dirichlet (1823), per
da
Lebesgue (1840). La congettura di Fermat resistette per tre
secoli, finché nel 1993 il matematico inglese
Andrew Wiles annunciò di averla dimostrata. Questo
annuncio fece scalpore e fu organizzato un comitato di esperti per
verificare la dimostrazione di Wiles. Uno di questi esperti trovò
l’errore. Wiles non si demoralizzò ed assieme al suo allievo Taylor
riuscì a completare i dettagli tecnici di questa nuova dimostrazione.
Questa volta gli esperti del comitato non trovarono nulla ridire.
Il grande teorema di
Fermat era dimostrato, la sfida lanciata da
Fermat tre secoli prima vinta. La dimostrazione della congettura
di
Fermat non ha alcuna applicazione pratica. Tuttavia il
lavoro svolto negli ultimi tre secoli per risolvere questo problema ha
permesso lo sviluppo di interi settori della matematica i cui frutti si
sono già visti e si vedranno, sempre di più, nei prossimi anni. Anche un
matematico italiano dice di avere dimostrato il teorema di Fermat,
utilizzando metodi elementari identici o simili a quelli utilizzati
probabilmente dal Principe
dei dilettanti. Si chiama
Andrea Ossicini, ha 44
anni ed è di Roma. La dimostrazione proposta, nel caso ne venisse
autorevolmente accertata la correttezza, è particolarmente importante in
quanto realizzata con metodi elementari e quindi accessibile anche a
persone non particolarmente addentro alla
Teoria dei Numeri.
Mentre Wiles giunse
alla sua dimostrazione con la collaborazione di altri insigni
matematici, Ossicini vi giunse da solo riportandoci alla matematica
epica, quella che ha il profumo dell’esplorazione di un mondo (il mondo
dei numeri) che non finisce mai di stupire e di affascinare.
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Genio matematico francese
di prima grandezza. La sua cultura matematica scaturisce da una profonda
conoscenza delle opere dei grandi matematici greci, propiziata da una
vasta padronanza delle lingue classiche. Con l’opera <<Ad
locos planos et solidos isagoge>>
può considerarsi il vero inventore della geometria analitica. Può essere
considerato il fondatore della moderna teoria dei numeri, del calcolo
delle probabilità ed uno dei più validi precursori del calcolo
infinitesimale. |
Conviene
ricordare anche il <<
piccolo
teorema di
Fermat
>> che afferma quanto segue:
Dati due
numeri naturali
e
,
con p numero primo ed a non divisibile per p, il numero
è
divisibile per
.
Il
numero
è
divisibile per
.
Questo
teorema fu dimostrato da Fermat nel
,
da Leibnitz e da Eulero nel
.
Concludendo possiamo concordare con quanto scritto dallo storico Gino
Loria:
<<
……..Fermat seppe tracciare con mano sicura le linee
fondamentali della geometria analitica, creò la teoria dei numeri,
contribuì nel modo più fattivo alla costruzione del calcolo
infinitesimale, si può affermare che questo magistrato, benché tutto
permeato di cultura greco-latina, benché abbia sdegnato di servirsi
dell’agile simbolica algebrica creata da Cartesio, merita un posto di
prima fila fra i creatori della matematica moderna>>
|
Nessun matematico di professione del suo tempo seppe fare
meglio di lui che ampliò in maniera significativa gli orizzonti di
questa meravigliosa disciplina: la
Matematica. |
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Schettino
Simone VB Napoletano Marialuisa VB Guerriero
Pellegrino VB Petrillo Salvatore VB
Archimede ed il palinsesto di
Costantinopoli
TIRI_MANCINI_2004_N°2_ARCHIMEDE.pdf
Archimede ed
il palinsesto di Costantinopoli
Archimede può essere considerato il più grande genio scientifico di
tutti i tempi ed il primo vero grande precursore dell’attuale analisi
matematica. Il grande merito di Archimede non risiede tanto nei
risultati ottenuti, che sono molti e di grande spessore scientifico,
bensì nel metodo nuovo da lui escogitato per conseguire tali risultati,
come illustreremo con dovizia di particolari nel prosieguo di questo
articolo. Archimede nacque a Siracusa nel
a.
C.. Secondo alcuni era figlio dell’astronomo Fidia e parente di Gerone,
re di Siracusa. Studiò in Egitto con i successori di Euclide:
Conone da Samo,
Eratostene da Cirene. Morto Gerone
( a.
C.), Siracusa cadde nel disordine. Dopo un breve regno di Gelone, il
figlio Ieronimo fu ucciso e fu proclamata la repubblica. Siracusa si
alleò con i Cartaginesi di Annibale e la guerra contro i Romani fu
inevitabile. Roma inviò il console Marcello il quale, dopo avere
conquistato Leontini, assediò Siracusa. Soltanto con l’inganno e dopo
due anni di terrore, Siracusa venne conquistata e barbaramente
saccheggiata. <<Un legionario entra in una casa apparentemente
disabitata e trova nel giardino un vecchio che disegna figure sulla
sabbia. Il vegliardo solleva appena lo sguardo, vede solo che un piede
sta calpestando quei segni e dice semplicemente:
noli turbare meos circulos.
Quasi
nello stesso istante la spada crudele del rude legionario pone fine ai
suoi giorni (i Romani, al contrario dei Greci, erano ottimi soldati ma
pessimi matematici)>> Marcello fu assai dispiaciuto quando seppe
dell’accaduto. Fece seppellire Archimede con tutti gli onori e gli elevò
un monumento funebre che rimase dimenticato per secoli. Archimede aveva
chiesto ad amici e parenti di scolpire sulla sua tomba un cilindro
circoscritto ad una sfera con una iscrizione che indicasse il rapporto
tra i volumi e le superfici dei due solidi. Questo per ricordare
all’intera umanità che aveva scoperto che la superficie della sfera è
equivalente alla superficie laterale del cilindro ad essa circoscritto e
che il rapporto tra i volumi della sfera e del cilindro circoscritto
vale
.
Cicerone nel
a.
C. la rintracciò, trovò su di essa la sfera inscritta nel cilindro e
dimostrò al mondo che Archimede non era un mito ma un uomo veramente
vissuto.
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Di
carattere analogo sono i due libri <<Della sfera e del cilindro>> nei
quali, oltre alle regole per la determinazione di aree e volumi dei
solidi geometrici, sono risolti svariati problemi sui solidi
equivalenti. Di natura più elevata è il contenuto degli scritti dal
titolo: conoidi e sferoidi ove vengono trattati misure relative ai
solidi di rotazione. Con metodi sempre rigorosi ma ingegnosi si trovano
trattate importanti proprietà ed applicazioni nell’opera: ”quadratura
della parabole e spirali”. In questa opera il Nostro studia per
la prima volta la spirale che porta il suo nome e cioè la spirale di
Archimede. Particolarmente apprezzabile è l’opera denominata
Arenario nella quale si trova un
originale sistema di numerazione col quale si può rappresentare (con
simboli relativamente semplici) non solo il numero dei granelli di
sabbia di un mucchio grande quanto la terra ma anche quello di una
quantità di sabbia grande quanto tutto l’universo. Non possiamo non
ricordare il suo trattato sui Galleggianti
(ampia e metodica esposizione di idrostatica) nel quale espone ed
applica il suo famoso principio di Archimede. Ma l’opera più importante
di Archimede e che lo rende immortale nel mondo della conoscenza è il “Metodo”
scoperta quasi per caso nel 1906.
Quest’opera, che fa di Archimede un gigante della matematica, contiene
procedimenti ed osservazioni che poi ritroveremo nelle opere di
Cavalieri, Torricelli, Newton e Leibnitz. Il Metodo può essere
considerato, pur con le dovute precauzioni, il primo trattato di calcolo
integrale.
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Il
Metodo è uno scritto di Archimede del quale si conoscevano soltanto
alcuni frammenti riportati da Erone e riprodotti poi da Piero della
Francesca e Luca Pacioli. L’opera è importante perché in essa Archimede
espone, con rara maestria, un procedimento mediante il quale è possibile
scoprire proprietà relative a curve, superfici e volumi difficilmente
deducibili per altra via. Questo scritto anticipa di due millenni i
procedimenti utilizzati dal moderno calcolo infinitesimale L’opera è una
lunga lettera scritta da Archimede ed inviata al matematico Eratostene.
Trascurata dai suoi contemporanei non aveva avuto sorte migliore presso
i suoi successori e forse, per questo motivo, era stata accantonata e
smarrita. La copia più antica delle opere di Archimede è un manoscritto
del decimo secolo che ci è pervenuto attraverso una serie di peripezie.
Nel il
filologo danese Heiberg, quasi per caso, scorre l’elenco degli antichi
manoscritti conservati nella Biblioteca Gerosolimitana di Costantinopoli
e si accorge che uno di essi potrebbe contenere le opere di Archimede.
Scrive al responsabile della biblioteca e si fa mandare una fotografia
di qualche pagina. Quando legge il contenuto non ha più dubbi: si tratta
di un antico prezioso manoscritto in greco, su pergamena, forse del
d.C.,
con scritti di Archimede .
Heiberg va a Costantinopoli e decifra con grande fatica il documento
perché qualcuno, verso il
,
aveva voluto riutilizzare la stessa vecchia pergamena cancellando le
opere di Archimede per scrivere cose di poco interesse. Con sua grande
gioia negli ultimi fogli scopre un’opera di Archimede che si riteneva
perduta. Si tratta di una copia della lettera scritta da Archimede al
grande matematico Eratostene che dirigeva la famosa biblioteca di
Alessandria e contenente l’opera più importante di Archimede: il Metodo
sui teoremi meccanici.
In
tale opera Archimede fornisce dei metodi generali con i quali è
possibile scoprire proprietà sulle curve, sulle superfici, sui solidi
non ancora note alla scienza del tempo. Quest’opera, pur con le dovute
precauzioni, anticipa nella sostanza i metodi utilizzati dall’attuale
calcolo infinitesimale. Il suo è un metodo di scoperta e non di
dimostrazione in quanto il sommo pensatore non avendo raggiunto una
sistemazione critica della sua rudimentale analisi infinitesimale, sente
la necessità di chiedere al ragionamento per esaustione la sicura
conferma dei risultati che sulle aree, sui volumi egli andava
conquistando. Archimede riguarda ogni superficie come composta da tanti
segmenti di retta, paralleli ad una data direzione, che la riempiono
tutta ed ognuno di detti segmenti rappresenta l’elemento infinitesimo
costitutivo della figura. Per calcolare l’area del segmento parabolico
immagina
di utilizzare una ipotetica leva di primo genere
di
fulcro K. Considera poi i segmenti
ed
come
fili omogenei pesanti ed immagina di trasportare il segmento
nella
posizione
()
in modo che H sia il suo baricentro. Affinché i segmenti pesanti
ed
siano
in equilibrio, deve valere la seguente proporzione:
(condizione
di equilibrio per una leva di primo genere che Archimede aveva
dimostrato in precedenza). Dalla proporzione
deduce
la proporzione
.Questo
consente ad Archimede di affermare che il triangolo
è
il triplo del segmento parabolico
e
questo,a sua volta, è i
del
triangolo
.
E così Archimede, sfruttando le condizioni di equilibrio di due corpi
pesanti sospesi idealmente agli estremi di una leva di primo genere,
trasforma l’integrale incognito (area del segmento parabolico
)
in un integrale noto (area del triangolo
).
Successivamente, per non contrapporsi ai canoni classici del sapere
scientifico del suo tempo, dimostra il risultato trovato con la leva
servendosi del metodo di esaustione, eliminando così le insidie
dell’infinito attuale. Concludendo, possiamo affermare che Archimede
ricorre a procedimenti rigorosi, come il metodo di esaustione, per
dimostrare delle proprietà scoperte per altra via facendo ricorso alla
sua intuizione o meglio a procedimenti che anticipano di due millenni la
nascita del calcolo infinitesimale.
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Matematico greco, famoso per avere inventato il mesolabio, uno strumento
che permette di determinare meccanicamente le medie proporzionali fra
due segmenti, ed il crivello che porta il suo nome e che serve per la
ricerca dei numeri primi. E’ il primo scienziato che misura il meridiano
terrestre. |
Eratostene |
Stella di prima grandezza, si fa apprezzare per
l’originalità del suo pensiero,per l’acutezza del suo ingegno, per
l’originalità delle sue scoperte. Nell’opera il <<Metodo>> Archimede ci
spiega come sia possibile calcolare l’area di un segmento parabolico
utilizzando, come indivisibili di una superficie piana a contorno
curvilineo, infiniti segmenti, dotati di peso ed equivalenti ai
trapezoidi infinitesimi dell’attuale calcolo integrale. Con quest’opera
Archimede elabora il calcolo infinitesimale anticipando di due millenni
Torricelli, Cavalieri, Newton e Leibnitz. Per questo motivo può essere
considerato il primo matematico autore di una teoria sul calcolo
infinitesimale . |
Archimede |
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Mosaico raffigurante la morte di Archimede,
il più grande matematico dell’antichità ed uno dei più grandi matematici
di tutti tempi Durante la seconda guerra punica Siracusa si schiera
dalla parte di Cartagine; pertanto subisce l’assedio dei Romani dal 214
al 212 a.C., anno in cui deve arrendersi. Durante il saccheggio,
Archimede viene ucciso da un soldato romano. Secondo un’altra versione,
più verosimile, un soldato romano entra nella casa dello scienziato e lo
trova immerso nello studio di alcune figure geometriche tracciate per
terra. Infastidito dall’inopportuna presenza Archimede redarguisce il
rude soldato con la celebre frase:<<
Noli tangere circulos meos>>.
Il soldato, non riconoscendolo, lo uccide, infrangendo gli ordini del
console romano
Marcello
il quale, consapevole della grandezza di
Archimede,
aveva ordinato di risparmiargli la vita. |
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Aristotele
nasce a Stagira nel 384 a.C., entra nella scuola di
Platone
a diciassette anni e vi rimane per venti anni, cioè fino alla morte del
maestro (348 a.C.). Nel 342 a.C. è chiamato a Pella da
Filippo re della Macedonia
in qualità di precettore di Alessandro Magno. Nell’Accademia,la
celebre scuola di Platone, Aristotele conosce i più noti scienziati
dell’epoca, a cominciare dal famoso matematico
Eudosso di Cnido.
Nel 335 a.C., morto Filippo e salito Alessandro al trono della
Macedonia, Aristotele torna ad Atene dove fonda la celebre scuola
denominata
Liceo.
Nel 323 a.C., morto Alessandro, ci fu in Atene una forte reazione
antimacedone. Per sfuggire ai nemici, Aristotele si ritira a Calcide,
dove muore nel 322 a.C. Egli può essere considerato la mente
filosofica più universale del mondo greco; Dante lo definisce il <<maestro
di color che sanno>>.
Grande naturalista, lascia lavori fondamentali nel campo delle scienze
biologiche. Nel campo della fisica dà un notevole contributo con l’opera
denominata la Fisica
nella quale, dopo una introduzione storica, tratta.a) della natura e del
concetto di corpo e del movimento; b) dello spazio e del tempo; c) delle
forme del movimento.Con quest’opera il Nostro si pone l’obiettivo di
spiegarci non solo come il mondo è costituito ma perché esso è
costituito proprio così e non in un’altra maniera. Alle scienze
matematiche Aristotele dedica poco tempo; va detto, però, che l’avere
affermato che l’infinito
attuale,
e quindi anche l’infinitesimo
attuale,
non esiste (infinitum
actu non datur)
ha avuto una influenza negativa sul pensiero matematico dei suoi
successori. Egli, infatti,ritiene possibile soltanto la divisione di un
continuo (ad esempio una linea piana) in un numero quanto si vuole
grande di parti, mediante una infinità potenziale di suddivisioni
successive, sempre prolungabili ma mai esauribili. Nega, così,
l’esistenza di un continuo, composto da una infinità in atto di ultimi
elementi indivisibili. Il conflitto aristotelico tra l’infinito
potenziale e quello attuale, che traduce il problema della composizione
del continuo, sarà risolto definitivamente dal matematico tedesco
Georg Cantor,
autore di una aritmetica dei
numeri trasfiniti,
secondo cui, in determinate circostanze, il tutto può essere uguale ad
una sua parte. |
La biblioteca di Costantinopoli |
In
questa biblioteca si trova il famoso
palinsesto (pergamena sulla quale il testo più antico, lavato e
raschiato, viene sostituito con uno nuovo) che contiene l’unica copia
dell’opera più famosa di Archimede dal titolo <<Metodo
sui teoremi meccanici>>.
E’
una lettera di 174 pagine inviata da Archimede ad Eratostene nella quale
fa vedere come è possibile calcolare l’area di un segmento parabolico
utilizzando i segmenti pesanti,paragonabili agli attuali trapezoidi
infinitesimi che stanno alla base del moderno calcolo infinitesimale. Il
testo di Archimede,copiato a Costantinopoli mille anni fa, era stato
sostituito nel XII secolo, da un “
Eucologion“,una raccolta di preghiere della Chiesa ortodossa
orientale. Il manoscritto venne scoperto casualmente nel 1899 da un
paleografo greco,
Athanassios Papadopulos
Kerameus,
nel monastero del santo Sepolcro di Gerusalemme.
Successivamente il manoscritto fu depositato presso la
biblioteca Metochion di Costantinopoli e scoperto nel 1906 dal filologo
danese Heiberg.
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Archimede pesa la parabola |
Per Archimede una qualsiasi superficie piana a contorno
curvilineo è formata da tanti segmenti paralleli che la riempiono tutta.L’area
della superficie piana è la somma delle aree degli infiniti segmenti che
costituiscono gli elementi indivisibili della superficie stessa. Ma
sommare le aree di questi infiniti segmenti non è facile per i seguenti
motivi: se questi segmenti hanno area nulla, la loro somma è zero, se
hanno area piccola, ma finita, la loro somma non può essere una quantità
finita. Il Nostro risolve il problema attribuendo ad ogni segmento un
peso che rappresenta l’area di un trapezoide infinitesimo inscritto
nel segmento parabolico, secondo le vedute dell’attuale calcolo
infinitesimale. Oggi sappiamo, la somma di infiniti termini infinitesimi
può essere una quantità finita. Inoltre Archimede usa il <<metodo
meccanico>> per scoprire una proprietà che poi dimostrerà
rigorosamente col metodo di esaustione seguendo la tradizione classica
di Euclide: questo per non contraddire la concezione filosofica
dell’infinito attuale sostenuta da Aristotele e seguita da tutti gli
scienziati del suo tempo . |
Ricerca effettuata dagli alunni della VB coordinati da Salvatore Amico,
docente di Matematica e Fisica presso il Liceo Scientifico “P.S.Mancini”
di
Avellino.
La
ricerca è stata pubblicata su Tiri Mancini,
giornale del Liceo diretto
brillantemente dalla referente Lia Silvestri
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