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Il rinascimento e la religione
di
Enrica
Lo Pilato
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IL 24
agosto del 410 Roma è presa dai barbari: crolla il mito della sua
invincibilità.
Quella guerra, che per secoli si era combattuta altrove, entra nel cuore
del mondo civilissimo e progredito, distrugge il sentimento di
onnipotenza, improvvisamente costringe a riconoscere altri da se.
Nasce, in questo modo violento, l’Occidente: da quel momento e per
sempre, cercherà di volta in volta aggiustamenti ed equilibri diversi
per rispondere alle sfide sempre nuove che si presenteranno.
Mille
anni più tardi, quel mondo sembra sgretolarsi tra le violenze di uno
scontro, non di civiltà, questa volta, non di culture, ma nel
contrapporsi ad una visione conservatrice del mondo, classista e
mortificante per l’uomo, ormai distante da quella medievale: lo Stato,
la Religione, la Società non sono più percepite in maniera statica e
inamovibile, ma perfettibili, verificabili nella storia.
Per
secoli la sacralità del potere, voluto e permesso da Dio, era stata
vissuta come il segno di una regola che garantisse l’ordine universale.
Per mille anni i poteri forti, Papato e Impero, avevano battuto il tempo
per tutta l’umanità.
Ci
vorrà l’opera lenta e paziente della cultura, che si svilupperà e
rafforzerà nel silenzio dei monasteri, tra lo studio dei testi e la
preghiera illuminata, per arrivare a formulare una teologia che riscopra
il Vangelo quale Buona Novella da dare agli uomini, priva di orpelli,
libera dall’ignorante interpretazione di certi chierici.
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Martin Lutero, monaco agostiniano, metterà in discussione il principio
stesso di autorità in terra, rappresentata da Santa Romana Chiesa. Ma
questo atto di estrema insubordinazione, quasi sacrilego, avrebbe, di
conseguenza, autorizzato a mettere in discussione ogni altro ordine
costituito, spalancando le porte al nuovo in tutte le sue forme.
Ciò
che renderà possibile il fiorire di scoperte scientifiche, di nuove
forme di convivenza civile, di sistemi di governo più liberali,
sperimentare nuove tecniche nell’architettura e nell’arte, la percezione
del tempo come percorso dell’uomo e dello spazio come dimensione nel
quale l’uomo agisce, lo sguardo sempre più rivolto alla costruzione
della ‘città per gli uomini‘, l’abbandono di una visione
prevalentemente escatologica della vita, è frutto di una
interiorizzazione e comprensione nuova del messaggio evangelico più
attenta all’uomo, creatura di Dio.
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”
Il protestantesimo, nato dalla Riforma, non
sarà un semplice Cattolicesimo riformato,
ma
una nuova forma di Cristianesimo “
Per
tutto il medioevo, fino ad allora, la Chiesa Secolare aveva
giustificato, avallandole, le stratificazioni sociali, sempre più
sperequative, riconoscendo comunque, a ciascuno, la possibilità di
salvezza in una vita ultraterrena all’interno e nell’esercizio del ruolo
ad ognuno assegnato nella vita collettiva. In una parola: l’uomo ottiene
la propria santificazione, nella propria condizione di vita, poiché
ciascuno contribuisce a realizzare il progetto di Dio per l’umanità.
Se
ciò servirà a garantire la pace sociale e la promozione umana fornendo
di senso anche la sofferenza, dall’altra, però, vedrà certa gerarchia
ecclesiastica scivolare sempre più verso forme di potere in tutto simili
a quelle dei principi del tempo.
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La
corruzione dei costumi, le connivenze con i poteri egemoni, la debolezza
di singoli uomini corrotti e compiacenti, creeranno le condizioni per la
rinascita del senso religioso più autentico.
Contemporaneamente, nell’altra Chiesa, quella dei monasteri, la vita è
improntata a un indefesso alternarsi di lavoro, studio e preghiera. La
carità, ricevuta come poveri e donata nella testimonianza di vita,
diventa modello alternativo, riscoperta del messaggio evangelico, spesso
tradito e trascurato nella pratica.
“Non
sarà una condanna della Chiesa in se, ma di ciò che essa era diventata.”
La
Riforma Protestante estremizzerà questa critica ai costumi della Chiesa
del tempo, da una parte rifiutandone l’autorità e il suo potere di
interdizione, dall’altra attaccandone l’impianto teologico: l’uomo non
ha bisogno di mediatori al cospetto di Dio poiché può essere accolto e
perdonato-giustificato solo dalla grande misericordia di Dio e per
nessun altro merito suo proprio.
“
L’uomo schiacciato dal suo inesprimibile peccato scopre che Dio si
manifesta in Cristo come ‘abisso di misericordia ’. La scoperta non
trasforma l’uomo in giusto, ma lo rende consapevole di essere
considerato da Dio come giusto; il credente vivrà dunque come uno che è
‘ sempre peccatore, sempre penitente, sempre giusto ‘
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Se
dunque entra in crisi questa Chiesa, è lecito mettere in discussione
anche la visione dell’uomo e del mondo che essa propone.
Se
ciò che è da salvaguardare non è soltanto la dimensione spirituale
dell’essere umano, allora anche la sua corporeità squisitamente umana,
strumento nelle mani di Dio, che Cristo stesso ha riscattato è
espressione di Lui. L’autocoscienza e la consapevolezza di se che
accompagnano questo cambiamento di ottica sono una conquista di portata
straordinaria, l’inizio di una storia planetaria, la scoperta di un
mondo tanto più grande e tanto più vario quanto mai sarebbe stato
possibile immaginare, l’inizio di un processo di identificazione sempre
più definito in quanto aperto al confronto non sempre dialogico e
pacifico, ma comunque propulsivo.
Mettere in discussione l’autorità della chiesa di Roma, il ruolo del
Papa quale Legato di Cristo e massima autorità sulla terra, riscoprire
se stessi come popolo di dio, ritenere le sperequazioni sociali e le
differenze di classe non una necessità ma una ingiustizia, e, infine,
riscoprire la tenerezza dell’abbraccio Paterno gratuito, misericordioso,
offerto a tutti perché tutti bisognosi in egual misura, rende possibile
vedere il vicino compagno in un cammino verso la perfettibilità, la
comprensione progressiva del progetto di Dio, la realizzazione di un
mondo migliore.
Nasce
la Nuova Era, quella Modernità chiamata Rinascita della fiducia in un
uomo faber fortunae suae.
Tante
cadute ancora, tanti errori ancora si commettono nel procedere sempre
avanti, ma il cambiamento di mentalità è ormai un processo
inarrestabile, è il cammino accidentato della modernità. Il dubbio, il
bisogno di conoscere, di scoprire una verità comunque sempre lontana,
che la necessità non è sempre ineluttabile, che il cambiamento, se pur
lento è sempre possibile, che l’uomo e la storia non camminano verso la
fine intesa come distruzione ma come realizzazione del Progetto, sono il
patrimonio di cui l’umanità è in possesso.
La
religione, nella sua maniera profonda, mai eclatante, a volte
comprensibile solo a posteriori, svolge ancora e sempre un ruolo
fondamentale nello sviluppo dell’umanità, anche quando, fieramente
opponendosi al progresso e alla ricerca, spinge l’uomo, ancora di più, a
trovare le ragioni profonde, le sperimentazioni inconfutabili per
mostrare la grandezza di Dio al di la della piccolezza degli uomini.
L’enormità del messaggio Cristiano, la sua follia, come diceva Erasmo,
restano ancora tutte da svelare .
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