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La fisica del Cinquecento
di Germano
Germani
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Germano
Germani
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Stanza di lavoro, miseramente arredata, di
Galileo a Padova.
È il mattino. Un
ragazzetto, Andrea, figlio della governante, entra recando un bicchiere
di latte e un panino.
………………………………………………………………………………………………………..
GALILEO Ho qualcosa da mostrarti. Guarda
dietro quelle mappe stellari.
ANDREA Cos’è?
GALILEO Un astrolabio: un aggeggio che fa
vedere come si muovono gli astri attorno alla terra, secondo l’opinione
degli antichi.
ANDREA E come?
GALILEO Esaminiamolo. Cominciamo dal
principio: descrizione.
ANDREA In mezzo c’è un sassolino.
GALILEO La terra.
ANDREA Tutt’intorno, una sopra l’altra,
tante calotte.
GALILEO Quante?
ANDREA Otto.
GALILEO Sono le sfere di cristallo.
ANDREA Alle calotte sono attaccate delle
palline…
GALILEO Le costellazioni.
ANDREA E qui ci sono dei nastri, con dipinte
sopra delle parole.
GALILEO Che parole?
ANDREA I nomi degli astri.
GALILEO Per esempio?
ANDREA La pallina più in basso è la luna;
c’è scritto su. Quella sopra il sole.
GALILEO Avanti, fa muovere il sole.
ANDREA (muovendo le calotte) Bello. Ma noi
siamo come intrappolati dentro.
GALILEO (asciugandosi)
Già. Anche a me, la prima volta che lo vidi, fece lo stesso effetto. A
certi, lo fa. Muri, calotte, ogni cosa immobile! Per duemil’anni
l’umanità ha creduto che il sole e tutte le costellazioni celesti le
girassero intorno. Papa, cardinali, principi, scienziati, condottieri,
mercanti, pescivendole e scolaretti: tutti erano convinti di starsene
immobili dentro questa calotta di cristallo. Ma ora ne stiamo uscendo
fuori, Andrea: e ci attende un grande viaggio. Perché l’evo antico è
finito e siamo nella nuova era. Da cent’anni è come se l’umanità si stia
aspettando qualche cosa.
…………………
Molto è già stato
trovato, ma quello che è ancora da trovare, è di più. A Siena, quand’ero
giovane, una volta vidi alcuni muratori discutere per pochi minuti
intorno al modo di spostare dei blocchi di granito: dopodichè
abbandonarono un metodo vecchio di mille anni per adottare una nuova
disposizione di funi, più semplice. In quel momento capii che l’evo
antico era finito e cominciava la nuova era. Presto l’umanità avrà le
idee chiare sul luogo in cui vive, sul corpo celeste che costituisce la
sua dimora. Non le basta più quello che sta scritto negli antichi libri.
GALILEO Tu, intanto, hai capito quello che
t’ho detto ieri?
ANDREA Cosa? Quella faccenda di Chippernico
e della sua rotazione?
GALILEO Già.
ANDREA No. Ma perché vi ostinate a farlo
capire a me? È difficile. Non ho ancora undici anni, li compirò in
ottobre.
GALILEO Proprio questo voglio: che anche tu
lo capisca. Proprio perché lo si capisca io sto lavorando tanto, e mi
compro quei libri che costano uno occhio, invece di pagare il lattaio.
ANDREA Ma io vedo che il sole, la sera, sta
in un punto diverso che al mattino. Dunque non sta fermo! Mai e poi mai!
GALILEO Tu lo vedi! Ma che vedi tu? Un bel
niente. Guardi come un allocco: è molto diverso che vedere. (Spinge
il portacatino al centro della stanza) Questo è il sole. Siedi. (Andrea
si siede su una sedia. Galileo si mette dietro di lui) Dov’è
il sole? A destra o a sinistra?
ANDREA A sinistra.
GALILEO E come può venirti a destra?
ANDREA Tò! Se voi ce lo portate, si capisce.
GALILEO Si capisce? (Lo solleva con tutta
la sedia e compie con lui un mezzo giro) Dov’è il sole, adesso?
ANDREA A destra.
GALILEO E chi si è mosso?
ANDREA Lui, no.
GALILEO E che si è mosso, allora?
ANDREA Io.
GALILEO (mugghiando) No! Stupido! La
sedia!
ANDREA Ma io ci stavo sopra!
GALILEO Appunto. La sedia è la terra, e tu ci
stai sopra.
B. Brecht
– Vita di Galileo
In queste battute
iniziali il drammaturgo Bertolt Brecht tocca i tre momenti fondamentali
della vita di Galileo scienziato; dato ormai per certo che Galileo è
considerato unanimemente il padre della fisica moderna, in questo
articolo cercherò di illustrare questi tre fondamentali punti: Galileo
astronomo, Galileo e il metodo sperimentale, importanza del rapporto tra
scienza e tecnica.
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Galileo e Copernico.
Il contributo di Galileo
è decisivo, malgrado l’abiura, per far accettare definitivamente
l’ipotesi copernicana. I primi sostenitori di Copernico, come è noto,
non appartenevano al mondo accademico; ed infatti il numero dei negatori
delle sfere celesti aumenta, nei manuali di astronomia, solo nel corso
degli anni venti del Seicento. Giustamente quindi Brecht fa dire a
Galileo “Da cent’anni è come se l’umanità si stia aspettando qualche
cosa”. In realtà ancora prima inizia a farsi strada la convinzione
circa la necessità, per la ricerca, di liberarsi dai vincoli imposti
dall’aristotelismo; gli aristotelici, con il loro appellarsi a regole e
leggi vecchie di mille anni e più, finiscono per mortificare ogni
tentativo di ricerca e di progresso. Due sono i punti cardine
considerati inamovibili: in astronomia la separazione tra mondo
sublunare, imperfetto e soggetto a mutamenti, e mondo celeste, quello
delle “stelle fisse”, perfetto ed incorruttibile, in fisica la
teoria del moto dei corpi della dinamica aristotelica.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 1: L'universo secondo Tolomeo.
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I precursori
Nicola Cusano
- Già il cardinale Nicola Krebs (1401-1464), detto Cusano, si distacca
nettamente dalle correnti aristotelico-tolemaiche; egli perviene, per
via puramente speculativa, alla formulazione del concetto di relatività
delle rappresentazioni di luogo e di movimento concludendo che ogni
punto può dirsi, a pari diritto, centro dell’universo; per Cusano il
mondo (inteso come ordine
fisico) è tutto contenuto in Dio, ed è dunque "implicito" in
Lui, poiché Egli stesso è la "complicatio" di tutte le cose,
ovvero l'implicazione che ogni cosa ha in sé. Ma Egli ne diviene
anche l' esplicatio, cioè l'esplicazione, in quanto si dispiega
nelle cose stesse, rimanendo comunque al di là di esse. In Dio inoltre
gli opposti coincidono (coincidentia oppositorum): così come i
tre lati di un triangolo all’infinito diventano una sola retta o il
poligono inscritto in una circonferenza, quando il numero dei suoi lati
diventa sempre più grande, coinciderà con la stessa circonferenza, così
accade che gli opposti si incontrano in Dio, quindi Dio è infinito e lo
stesso universo, esplicatio di Dio, è infinito. Con tale visione, Cusano
avversa la concezione aristotelica dell'universo, affermando che la
Terra non può essere il centro dell'universo, poiché l'universo è
illimitato (in quanto dispiegamento divino), ed il centro dell’universo
è Dio stesso.
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Giordano Bruno
- La concezione di Cusano viene ripresa da Giordano Bruno (1548-1600),
il quale da un lato rifiuta di considerare la teoria copernicana come
pura ipotesi matematica elaborata per spiegare il moto dei corpi celesti
come vorrebbe la Chiesa; infatti per Bruno la concezione copernicana
intende riferirsi alla realtà e introduce una vera e propria rivoluzione
nel modo di concepire il rapporto tra uomo e realtà. D’altro lato Bruno
tenta la saldatura della rivoluzione astronomica con la tradizione
filosofica. Egli si serve della metafisica cusaniana dell’ infinito per
demolire i confini dell’universo, ancora finito, di Copernico e si serve
della fisica del mondo di Copernico per dare consistenza di sostanza
all’infinito, metafisico, di Cusano: “uno dunque è il cielo, il
spacio immenso, il seno, il continente universale, l’eterea regione per
la quale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerevoli stelle, astri,
globi, soli e terre sensibilmente si veggono, ed infiniti
ragionevolmente si argomentano. L’universo immenso ed infinito è il
composto infinito che resulta di tal spacio e di tanti compresi
corpi”. Come è noto Giordano Bruno pagherà con la vita queste sue
convinzioni, e tuttavia proprio la sua concezione del mondo aprirà la
strada alle maggiori conquiste del pensiero tanto nel campo della
filosofia quanto in quello della scienza; sia Keplero, il quale
pubblicamente lo ammette, che Galileo e Cartesio saranno debitori nei
confronti del filosofo nolano.
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Tycho Brahe -
La sera dell’11 novembre 1572, tornando a casa, l’astronomo Tycho Brahe
vide una nuova brillantissima stella nella costellazione di Cassiopea.
Poiché non si trattava di una cometa, in quanto la nuova stella appariva
sempre nella stessa posizione contro la sfera delle stelle fisse, allora
nei cieli immutabili si era verificato un mutamento. Veniva così a
cadere la distinzione tra mondo sublunare e mondo celeste, in quanto
anche questo secondo non era per niente immutabile. Il tentativo poi di
misurare la parallasse della cometa del 1577, tentativo non andato a
buon fine in quanto il valore da misurare era troppo piccolo portò Tycho
Brahe alla conclusione che “tutte le comete da me osservate si
muovono nelle regioni eteree del mondo e mai nel mondo sublunare
come Aristotele e i suoi seguaci hanno voluto farci credere per tanti
secoli”. Egli scriverà a Keplero: “la realtà di tutte le sfere
deve essere esclusa dai cieli”. Le solide certezze dell’Almagesto
tolemaico si dissolvono così poco per volta.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 2: l'angolo di parallasse consente una valutazione
delle distanze.
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Ma allora quale fu il contributo di
Galileo astronomo? Nel 1609 Galileo costruisce il cannocchiale; è pur
vero che strumenti del genere già circolavano nei Paesi Bassi e in
Francia, ma Galileo ebbe l’intelligenza di servirsene per le sue
ricerche astronomiche, il cannocchiale diventa strumento di indagine
scientifica. Il cielo, osservato con il cannocchiale, appariva come un
mondo del tutto nuovo che per la prima volta giungeva a conoscenza degli
uomini. Per comunicare al mondo accademico le sue scoperte Galileo
pubblica, nel 1610, il Sidereus nuncius
Grandi invero sono le cose che in
questo breve trattato io propongo alla visione e alla contemplazione
degli studiosi della natura. Grandi, dico, sia per l’eccellenza della
materia per sé stessa, sia per la novità loro non mai udita in tutti i
tempi trascorsi, sia anche per lo strumento, in virtù del quale quelle
cose medesime si sono rese manifeste al senso nostro. Bellissima cosa è
il poter rimirare il corpo lunare, da noi remoto per quasi sessanta
semidiametri terrestri, così da vicino, come se distasse di due soltanto
di dette misure; sicché il suo diametro apparisca quasi trenta volte
maggiore, la superficie quasi novecento volte più grande di quando sia
veduta ad occhio nudo; e quindi con la certezza che è data
dall’esperienza sensibile, si possa apprendere non essere affatto la
Luna rivestita di superficie liscia e levigata, na scabra ed ineguale, e
allo stesso modo della faccia della Terra, presentarsi ricoperta in ogni
parte di grandi prominenze, di profonde valli e di anfratti.
Galileo osserva che il confine tra la
parte illuminata e quella oscura della Luna non è una curva regolare ma
si presenta ineguale e sinuoso ed inoltre nella parte oscura appaiono
delle punte lucenti totalmente separate dalla parte illuminata; poco a
poco queste punte aumentano di grandezza fino a congiungersi con la
restante parte lucida. Giustamente egli deduce che le cime lucenti sono
cime di montagne presenti sulla superficie lunare e riesce anche a
valutarne l’altezza. La Luna dunque presenta una superficie simile a
quella della Terra.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 3: disegno della Luna vista da Galileo (dal Sidereus
nuncius).
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La seconda osservazione riguarda le Stelle
fisse:
E prima d’ogni altro un fatto è degno
di attenzione, che cioè le stelle, tanto fisse che erranti, quando si
osservano col cannocchiale, non sembrano affatto aumentare di grandezza
nella medesima proporzione secondo cui gli altri oggetti, ed anche la
stessa Luna, s’ingrandiscono: nelle Stelle tale aumento appare di gran
lunga minore; anche degna di nota sembra essere la differenza tra
l’aspetto dei pianeti e quello delle Stelle fisse. I Pianeti infatti
mostrano i loro globi esattamente rotondi e delineati, e, come delle
piccole lune inondate d’ogni parte di luce, appaiono orbicolari; invece
le Stelle fisse non si vedono mai terminate da una periferia circolare,
ma hanno l’aspetto come di fulgori vibranti torno torno i loro raggi e
oltremodo scintillanti; infine, guardate col cannocchiale, appaiono di
figura simile a quando sono guardate a occhio nudo, ma così ingrandite,
che una stellina di quinta o sesta grandezza sembra eguagliare il Cane,
cioè la più grande di tutte le Stelle fisse (Sirio).
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 4: disegno di stelle viste al cannocchiale
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Ma la stessa Via Lattea, osservata al
cannocchiale, appare costituita da una miriade di stelle non visibili ad
occhio nudo e così pure le innumerevoli Nebulose visibili in cielo, sono
greggi di piccole Stelle disseminate in “modo mirabile”.
L’Universo è quindi completamente diverso da come appare ad occhio nudo;
crollano pertanto tutte quelle leggende e fantasie alimentate da visioni
consentite all’occhio nudo.
Tuttavia la scoperta di gran lunga più
importante viene dall’osservazione del Pianeta Giove. La descrizione che
Galileo fa della scoperta di quelli che poi saranno chiamati Pianeti
Medicei è esemplare.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 5: disegni del pianeta Giove con i suoi satelliti.
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Pertanto il giorno 7 gennaio del
corrente anno 1610, alla prima ora della notte seguente, mentre guardavo
gli astri celesti col cannocchiale, mi si presentò Giove; e poiché m’ero
preparato uno strumento proprio eccellente, m’accorsi che gli stavano
accanto tre Stelline, piccole invero, ma pur lucentissime; le quali, per
quanto fossero da me credute del numero delle Stelle fisse, tuttavia mi
destarono una qualche meraviglia, per il fatto che apparivano disposte
secondo un’esatta linea retta e parallela all’Eclittica
Galileo osserva Giove per vari mesi
prendendo nota della posizione delle Stelline; così nota che queste ora
seguono, ora precedono Giove, con elongazioni molto piccole e
accompagnano Giove sia nel suo moto retrogrado che in quello diretto.
Come allora negare che così come avviene per la Luna che orbita attorno
alla Terra ed assieme alla Terra fa un giro completo attorno al Sole in
un anno, anche Giove è circondato da quattro Stelle erranti assieme
attorno a Giove e con Giove compiono un gran giro completo attorno al
Sole in dodici anni. Questa scoperta mostra, al di là di ogni dubbio, la
infondatezza delle vecchie convinzioni aristotelico-tolemaiche.
La verità è frutto dell’osservazione diretta, mediante l’accertamento
sperimentale dei fatti, al di là di ogni deduzione formale. La posizione
variabile di questi corpi attorno a Giove, il fatto che pur essendo
luminose non scintillano come le Stelle fisse, il tutto sta ad indicare
che non si tratta affatto di Stelle fisse, ma di corpi orbitanti attorno
a Giove.
Galilei dimostra anche che le fasi del
pianeta Venere si accordano con la teoria copernicana, mentre non
sarebbero spiegabili nell’ambito dell’astronomia di Tolomeo. Con Galilei
la scienza acquista così la sua autonomia; le sue scoperte trasformano
la teoria copernicana in realtà scientificamente accertabile.
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Galileo fisico.
Studiando il pendolo Galileo scoprì la
legge dell’isocronismo delle piccole oscillazioni (il periodo
dell’oscillazione dipende dalla lunghezza del pendolo e non dalla massa
oscillante). Ma il moto del pendolo è un caso particolare di caduta
libera dei gravi; se lasciamo cadere una pietra questa va diritta al
suolo, se invece la pietra è legata all’estremo di una corda avente la
seconda estremità fissata ad un gancio, allora la traiettoria è un arco
di cerchio. Ora se due pietre, una più pesante dell’altra, collegate
all’estremo di corde aventi la stessa lunghezza impiegano lo stesso
tempo per giungere nel punto più basso, per quale motivo, lasciate
libere di cadere, dovrebbero impiegare tempi diversi per giungere al
suolo? Secondo la filosofia aristotelica gli oggetti più pesanti cadono
al suolo più rapidamente di quelli leggeri. Galileo non solo dimostrò la
inesattezza della affermazione di Aristotele, ma si propose di ricavare
la legge di caduta dei gravi. A tale scopo, essendo la caduta dei gravi
troppo veloce, pensò di attenuare il moto di caduta facendo rotolare una
pallina lungo un piano inclinato.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 6: Galileo studia il moto accelerato.
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Per la misura dei tempi impiegò un
orologio ad acqua, che forniva una misura degli intervalli di tempo in
base alla quantità di acqua che usciva da una piccola apertura. Egli
misurò in tal modo gli spazi percorsi dalla pallina ad intervalli di
tempo uguali e trovò che le distanze percorse durante questi intervalli
di tempo erano proporzionali ai numeri 1; 3; 5; 7;… Variando
l’inclinazione del piano le distanze percorse erano diverse, ma sempre
proporzionali ai suddetti numeri, dedusse perciò che anche nel moto
verticale di caduta gli spazi percorsi dovevano seguire la stessa legge.
Posto allora uguale a t il primo intervallo di tempo e detto 1 lo spazio
percorso in questo intervallo, nel successivo intervallo uguale a t lo
spazio percorso è uguale a 3, poi, 5, 7 e così via.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 7: il moto uniformemente accelerato.
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Quindi lo spazio percorso in un tempo 2t è
4, in 3t è 9, in 4t è 16, ecc. Galileo dedusse quindi che nel moto di
caduta libera dei gravi gli spazi percorsi sono direttamente
proporzionali ai quadrati dei tempi impiegati a percorrerli. Per quanto
riguarda poi le velocità, giustamente Galileo osservò che la velocità
nel moto di caduta varia continuamente ed assume infiniti valori, a
partire da 0, velocità iniziale, fino al valore massimo. Possiamo però
dire che se al termine del primo tratto la velocità raggiunta è v0,
al termine del secondo tratto è 4/2t = 2v0, al termine del
terzo 9/3t = 3v0 e così via. Dunque le velocità raggiunte
sono proporzionali ai tempi impiegati. Possiamo allora immaginare un
triangolo rettangolo ABC nel quale il lato AC viene diviso in un certo
numero di parti uguali AD, DE, EF, FG, GC, che rappresentano gli
intervalli di tempo uguali, e conduciamo dai punti D, E, F, G, le
parallele alla base BC, i segmenti DH, EI, FK, GL, rappresentano proprio
le velocità raggiunte dal mobile al termine degli intervalli di tempo
considerati.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 8: Velocità istantanea e spazio percorso.
Come facilmente si vede la velocità
aumenta sempre della stessa quantità e lo spazio percorso corrisponde
all’area del rettangolo ABC, quindi
S = ½ kt2.
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Il moto dei
proiettili.
Un altro importante contributo di Galileo
alla dinamica fu lo studio sulla composizione dei moti simultanei. Se un
sasso viene lasciato cadere da una altezza di 4 metri, esso toccherà il
suolo dopo 0,9 secondi; se il sasso viene lanciato con una velocità
orizzontale, allora la traiettoria descritta è una parabola, ma il tempo
impiegato a giungere al suolo è sempre 0,9 secondi. Se si aumenta la
velocità orizzontale il sasso arriverà più lontano, ma il moto verticale
avviene sempre nello stesso tempo.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 9: la composizione dei movimenti.
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Così, ad esempio, se si lascia cadere un
sasso dall’albero maestro di una nave in movimento con velocità
costante, nel momento della caduta il sasso possiede la stessa velocità
orizzontale della nave e perciò nel suo moto continua a restare sulla
verticale alla base dell’albero maestro, di conseguenza toccherà il
ponte proprio alla base dell’albero maestro. Visto da terra il sasso
descrive una traiettoria parabolica, ma visto dalla nave il sasso cade
lungo la verticale. Tramite questo ragionamento Galileo demolisce la
convinzione degli aristotelici dell’immobilità della Terra.
Afferma Aristotele che argomento
certissimo dell’immobilità della Terra è la caduta in verticale di
oggetti lanciati verso l’alto: se infatti la Terra fosse in movimento
verso Oriente, nel periodo di tempo durante il quale il sasso è in aria
la Terra si sposterebbe ed il sasso ricadrebbe spostato ad Occidente
rispetto al punto di lancio. La stessa cosa avverrebbe per un sasso
lasciato cadere dall’alto di una torre: il sasso non potrebbe cadere
mantenendosi parallelo alla torre. Ma ammettiamo, dice Galileo per bocca
di Salviati (Dialogo dei massimi sistemi), che il globo terrestre si
muovesse in giro, ed in conseguenza portasse seco la torre ancora, e che
ad ogni modo si vedesse la pietra nel cadere venir radendo il filo della
torre, qual bisognerebbe che fusse il suo movimento?
SIMPL. Bisognerebbe in questo caso dir
piuttosto “i suoi movimenti”, perché uno sarebbe quello col quale
verrebbe da alto in basso, e un altro converrebbe ch’ ella n’avesse per
seguire il corso della torre.
SAL. Sarebbe dunque il moto suo
composto di due, cioè di quello col quale ella misura la torre, e
dell’altro col quale ella la segue: dal qual composto ne risulterebbe
che ‘l sasso descriverebbe non più quella semplice linea retta e
perpendicolare, ma una trasversale, e forse non retta.
Dunque vedere la pietra cadere radendo la
torre non assicura che la traiettoria è una linea retta e perpendicolare
alla superficie terrestre, a meno che non si ammetta prima, come
ipotesi, la immobilità della Terra. Ma allora il sillogismo di
Aristotele è una pura petizione di principio, in quanto si ammette vero
quello che in realtà si deve dimostrare. Caratteristica della filosofia
Scolastica era proprio quella di stare a discutere per anni i pro e i
contro di un problema, senza che a nessuno mai venisse in mente di
lasciar cadere un oggetto dall’albero maestro di una nave in movimento.
Merito di Galileo è proprio quello di aver introdotto il metodo
sperimentale nello studio delle scienze fisiche. In particolare possiamo
dire che con Galileo viene fuori una nuova concezione del rapporto
causa-effetto: il concetto di causalità viene liberato da ogni indagine
sui “fini” della natura, sul significato dei fenomeni nell’ordine
complessivo dell’universo. Galileo mantiene il principio di causalità su
di un piano rigorosamente scientifico, da qui l’importanza della
matematica nella enunciazione delle leggi della natura. Con il ricorso
al linguaggio della matematica la “causa efficiente “ sostituisce
la “causa finale” della filosofia aristotelica. In realtà la
polemica di Galileo non è contro Aristotele, ma contro i suoi seguaci “io
mi rendo sicuro che se Aristotele tornasse al mondo, egli riceverebbe me
tra i suoi seguaci…molto più che moltissimi altri che, per sostenere
ogni suo detto vero, vanno esplicando da i suoi testi concetti che mai
non li sariano caduti in mente. E quando Aristotele vedesse le novità
scoperte nuovamente in cielo, dove egli affermò quello essere
inalterabile ed immutabile, perché niuna alterazione vi si era allora
veduta, indubitatamente egli, mutando opinione, direbbe ora il
contrario.”
Non poco merito ebbe poi Galileo nel
superamento di quell’abisso che separava teoria e pratica. L’uso
sistematico degli strumenti che la tecnica mette a disposizione dello
scienziato, da un lato stabilisce un sicuro collegamento tra il lavoro
dello scienziato e quello dei tecnici, d’altro lato facilita il
conseguimento di nuovi significativi successi.
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Rapporto tra scienza
e tecnica.
Si attribuisce ad Erone, matematico e
scienziato greco vissuto nel I secolo d.C., la costruzione di uno
strumento chiamato eolipila di Erone. il cui meccanismo è assai
semplice: un recipiente pieno d’acqua termina con due cannelli
ascendenti che finiscono in una piccola sfera libera di ruotare attorno
ad un suo diametro e munita di due beccucci orientati in versi opposti.
Quando l’acqua nel recipiente sottostante viene portata ad ebollizione
il vapore sale lungo i cannelli e fuoriesce dai beccucci. La sfera
allora gira emettendo un sibilo.
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Figura SEQ Figura \*
ARABIC 10:
eolipila di erone.
Si tratta di un esempio di macchina che
sfrutta il vapore ed il principio di reazione. Lo stesso Erone costruì
un meccanismo formato da ruote a palette, chiamato odometro, che
serviva a misurare le distanze percorse dai veicoli. Al tempo di
Giustiniano si ebbe poi l’idea di rovesciare l’uso degli odometri in
modo da utilizzarli non più per la misura delle distanze percorse, ma
per la propulsione delle navi.
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A questo punto sarebbe bastato applicare
il meccanismo dell’eolipila all’odometro perché la navigazione a
vapore venisse inventata con molti secoli di anticipo. Come mai
invece la prima macchina funzionante a vapore venne costruita solo verso
il 1500? Una possibile risposta è che l’abbondanza di lavoro servile
scoraggiava il ricorso ad altre forme di energia; che bisogno c’era di
adattare l’eolipila all’odometro in un’epoca in cui vi era abbondanza di
schiavi, che Aristotele considera appunto macchine umane. D’altro
lato però il ricorso a manodopera servile generò disprezzo per il lavoro
meccanico. Secondo Senofonte il lavoro meccanico deforma il corpo di
coloro che vi si dedicano e, cosa orribile, questo lavoro costringe
talora chi lo compie a passare giornate intere davanti al fuoco. Ma il
difetto più grave che viene rimproverato al lavoro meccanico, sia da
Platone che da Aristotele, è che esso genera uno smodato desiderio di
ricchezza, distogliendo l’uomo dalla ricerca. L’amore per la ricchezza,
dice Platone, toglie il gusto d’ogni altra cosa che non sia
l’arricchirsi ed adopera per questo qualsiasi mezzo ed espediente.
Nell’antichità non mancavano di certo gli ingegneri, che anzi erano
capaci di raggiungere una estrema precisione matematica nella
realizzazione delle loro opere. Il fatto è, come è stato detto, che per
gli antichi l’uomo è destinato a vivere nel mondo, e non a sfruttare, né
a correggere il mondo. Per questo stesso motivo la filosofia scolastica
ignorava il ricorso all’esperienza diretta: che differenza c’è, infatti,
tra l’esperienza ed il lavoro manuale? alla pari di quest’ultimo
l’esperienza è improponibile ad uno scienziato. D’altra parte spiegare
il fenomeno sulla base di una causa finale esclude la verifica
sperimentale; la causa finale infatti è di natura metafisica,
quindi non può essere soggetta ad una verifica sperimentale. O la si
accetta o la si confuta ma sempre sul piano della metafisica. Con
Galileo i termini del problema vengono rovesciati; la causa del fenomeno
va ricercata nel fenomeno stesso; una volta formulato il modello
matematico, questo può, ed anzi deve, essere sottoposto a verifica
sperimentale. L’esperienza quindi è fondamentale in due momenti; in
primo luogo tramite l’esperienza si analizza il fenomeno fino a
formulare, per via induttiva quindi, la legge; successivamente la
ripetizione in laboratorio del fenomeno è necessaria per confermare la
legge che è stata proposta. Quelle che prima di Galileo erano
intuizioni, a volte anche geniali, con Galileo acquistano una
giustificazione rigorosa, basata prima sull’osservazione e
successivamente sull’argomentazione, Si può ben dire quindi che dopo
Galileo la fisica ha completamente cambiato modo di operare ed è
diventata adulta.
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Figura SEQ
Figura \* ARABIC 11: ritratto di Galileo.
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Bibliografia
L. Geymonat: Storia del pensiero filosofico e scientifico,
vol. II – Garzanti
P. Rossi: Storia della scienza, vol. I: Dalla rivoluzione
scientifica all’età dei lumi. – UTET
E. Garin: Giordano Bruno
G. Gamow: Biografia della fisica – Mondatori
A. Koyré: Dal mondo del pressappoco all’universo della
precisione – Einaudi.
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