Matematico norvegese (1802-1829).
La vita di
Abel
è un esempio lampante degli stretti rapporti che possono
intercorrere tra la povertà e la tragedia. Benché morto giovanissimo
fece scoperte fondamentali che hanno aperto la strada alla
matematica moderna (gruppi abeliani, equazioni e superfici abeliane).
A sedici anni comincia a studiare le opere dei grandi matematici
come Eulero, Newton, d’Alambert, Poisson, Gauss, Lagrange ed altri.
Nel
1821 crede
di avere trovato la soluzione generale delle equazioni algebriche di
quinto grado. Per
soluzione
algebrica di una equazione
algebrica si intende una soluzione ottenuta con un numero finito di
addizioni, moltiplicazioni, sottrazioni, divisioni ed estrazioni di
radici, operazioni effettuate sui coefficienti dell’equazione
algebrica proposta.
Abel
si accorge dell’errore commesso e nel 1824 pubblica
una memoria “Sulla
risoluzione algebrica delle equazioni”,
in cui sposta il problema della soluzione alla possibilità di
trovare la soluzione e dimostra l’impossibilità dell’esistenza di
una soluzione algebrica dell’equazione generale di quinto grado. Non
vi può essere nessuna formula generale, espressa in termini di
operazioni algebriche da effettuare sui coefficienti di una
equazione algebrica che permetta di trovare le radici
dell’equazione, se il grado di questa è superiore al quarto.
Abel
muore il
6 aprile
del 1829 all’età
di ventisei anni ed otto mesi. Due giorni dopo la sua morte gli
viene comunicato la sua nomina a professore all’Università di
Berlino, carica che avrebbe meritato molto prima.
Abel
si distingue per la purezza e la nobiltà d’animo del suo carattere e
per una rara modestia che rese la sua persona cara come lo fu il suo
genio. Se Gauss può considerarsi un genio fortunato non altrettanto
può dirsi per
Abel.